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Il nostro bisogno di condivisione è talmente forte che condividiamo anche le cose più stupide.
 
L'uomo ha bisogno di condividere. Se non lo fa muore. Tanto più condivide, tanto più è vivo e felice.
 
Una delle cause di sofferenza più comuni è il rifiuto da parte degli altri delle nostre proposte di condivisione (materiale o simbolica). Analogamente, una delle cause di piacere più comuni è l'accettazione da parte degli altri delle nostre proposte di condivisione.
 
Ciò che non riusciamo a condividere ci divide.
 
Le cose più facili da condividere sono la stupidità, l'ignoranza e il cattivo gusto.
 
Collezionare e condividere cose buone, belle e utili è un'ottima soluzione contro l'alienazione e l'isolamento.
 
La vita umana è basata sulla vita sociale e la vita sociale è basata sulla condivisione, ovvero lo scambio, di beni materiali e immateriali. Questi ultimi consistono in informazioni, cognizioni, idee, narrazioni, valori, giudizi, pregiudizi ecc.
Dal momento che le nostre visioni del mondo e di noi stessi sono per lo più illusorie e ingannevoli (perché tendono ad affermare e difendere la nostra reputazione e autostima), ciò che condividiamo (per quanto riguarda il comportamento proprio e altrui) sono per lo più illusioni e autoinganni.
 
Condividere dei valori e delle verità comporta il sottoporsi ad un corrispondente giudizio morale e intellettuale.
 
Una festa è un rituale di condivisione di simboli.
 
Qualunque attività umana, se condivisa, costituisce un rituale sociale.
 
Affinché una comunità si mantenga integra, è necessario che i suoi membri condividano le stesse regole morali.
 
In una condivisione i ruoli possono essere simmetrici o asimmetrici. Il secondo caso implica una subordinazione del donatore o del beneficiario.
 
Cosa possiamo condividere con gli altri? Tanto più i nostri interessi sono elevati, profondi e originali, tanto meno essi sono condivisibili, ovvero più rare sono le persone con cui una condivisione è possibile.
 
Mi rendo condo che sono completamente nutrito di esperienze e convinzioni che gli altri non hanno condiviso. Ed è difficile per me far capire agli altri convinzioni che mi sembrano naturali. È una sfida di tutti i giorni.
 
La cooperazione tra persone è condizionata dalla condivisione di valori, cioè di opinioni su cosa sia più desiderabile e cosa meno desiderabile.
 
Suppongo che il grande successo di Facebook sia dovuto al fatto che è uno strumento di condivisione, che promette condivisione, della quale l'Uomo ha un forte e insopprimibile bisogno.
 
Ci sono cose (idee, interessi, gusti, ecc.) che condividiamo, e cose che non condividiamo. Ciò che condividiamo ci unisce, ciò che non condividiamo ci divide. Continueremo a frequentarci finché le condivisioni prevarranno sulle non condivisioni.
 
Stanno bene insieme le persone che condividono lo stesso tipo di conformismo.
 
Ogni forma o espressione culturale è un invito all'imitazione, alla conformazione, alla condivisione, all'interazione secondo certe logiche.
 
Si ritiene ingenuamente che, se certi sentimenti o certe idee sono condivisi dai piú, essi sono giusti. Niente è piú lontano dal vero. La convalida consensuale in sé non ha nulla a che vedere con la salute mentale. Come c’è una folie à deux, cosí c’è una folie à millions. Il fatto che milioni di persone condividano gli stessi vizi non fa di questi vizi delle virtú, il fatto che essi condividano tanti errori non fa di questi errori delle verità, e il fatto che milioni di persone condividano una stessa forma di malattia mentale non fa che questa gente sia sana.
 
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