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In fondo, quelli che passano gran parte del tempo nei social media cercano solo di condividere qualcosa, di soddisfare il loro irresistibile bisogno di condivisione.
 
I discorsi umani oscillano tra «anche io» e «io no».
 
Due persone possono condividere o non condividere un'attrazione, un'indifferenza, o una repulsione verso uno stesso oggetto. La condivisione unisce le persone, la non condivisione le divide.
 
Ognuno propone cose da condividere o condivide cose proposte da altri.
 
Dimmi cosa condividi e cosa non condividi, e ti dirò chi sei.
 
Bisogno di condividere. Cosa? Con chi? Qualunque cosa con chiunque.
 
Condividere o non condividere? Questo è il dilemma.
 
Considera una persona e chiediti: cosa condivide? Con chi? Cosa non condivide? Con chi?
 
Condividere un dolore può lenire il dolore stesso, perché qualunque condivisione non indesiderata è fonte di piacere.
 
È possibile socializzare con persone di cui non condividiamo gusti, interessi e valori e che non condividono i nostri gusti, interessi e valori?
 
Qualsiasi cosa, se può essere condivisa con altri, può costituire un mezzo per diminuire la propria solitudine.
 
Per appartenere a un certo gruppo è necessario condividere certe cose con gli altri membri del gruppo stesso.
 
Ognuno vorrebbe che gli altri condividano le proprie idee, i propri valori, i propri sentimenti, i propri gusti e i propri progetti.
 
Gli umani hanno bisogno di condividere cose, idee, comportamenti. Condividere qualsiasi cosa è meglio che nessuna condivisione.
 
Di un oggetto si può desiderare il possesso esclusivo o la condivisione con altri.
 
A volte sento il bisogno di uscire di casa per condividere qualcosa con qualcuno. Non importa cosa.
 
Il sacro è condiviso tra coloro che lo adorano, e ogni condivisione ha qualcosa di sacro per coloro che la praticano.
 
Ognuno vorrebbe che gli altri condividano le proprie preferenze, e considera nemici coloro che non le condividono. La condivisione è segno di amicizia, la non condivisione è segno di inimicizia.
 
Ciò che più importa per noi umani è, dopo la salute fisica, ciò che possiamo condividere con altri umani.
 
Il processo di individuazione non dovrebbe essere finalizzato a differenziarsi dagli altri (anche se ciò accade inevitabilmente in una certa misura) ma a trovare condivisioni alternative rispetto a quelle native, più favorevoli alla soddisfazione dei propri bisogni. In altre parole individuarsi dovrebbe consistere nel trovare nuove e più favorevoli affinità.
 
Una comunità è un insieme di persone interagenti che condividono un insieme di idee su ciò che è vero/falso, buono/cattivo, bello/brutto, obbligato/vietato/libero ecc. Tali idee condivise caratterizzano e differenziano le comunità.
 
Tutto ciò che ci unisce è buono, non in sé, ma in quanto fattore di condivisione.
 
Affinché due persone possano interagire cooperativamente, è indispensabile che esse condividano certe cognizioni, certi valori, certi obiettivi, un certo vocabolario, certe risorse, un certo spazio e un certo tempo.
 
La vita di un essere umano è contrassegnata da dilemmi. Uno di essi, forse il più importante, che si presenta continuamente, ad ogni proposta di condivisione che incontriamo è “condividere o non condividere”?
 
La condivisione di certe credenze e di certe autorità intellettuali, etiche ed estetiche costituisce un importante fattore di coesione sociale.
 
Ci sono cose che possiamo condividere e cose che non possiamo condividere.
 
Condividere una certa cosa, concreta o astratta, con altre persone implica accettare un certo rapporto con la cosa condivisa e con le altre persone che la condividono.
 
Ognuno desidera (consciamente o inconsciamente) che gli altri condividano i propri sentimenti, compreso l'amore o l'odio verso certe persone o certe cose.
 
Dire a qualcuno “non condivido ciò che dici” o “non condivido ciò che fai” è una dichiarazione di guerra nei suoi confronti.
 
Prendiamo due persone a caso, e chiediamoci: cosa condividono? Cosa non condividono? Dalle risposte a tali domande possiamo prevedere i possibili rapporti tra tali persone.
 
In una condivisione i ruoli possono essere simmetrici o asimmetrici. Il secondo caso implica una subordinazione del donatore o del beneficiario.
 
L'uomo ha un irresistibile bisogno di condividere con altri qualsiasi cosa, materiale o simbolica. Non importa cosa, anche cose insensate o stupide. Questo fatto costituisce una chiave di comprensione di gran parte del comportamento umano.
 
Quasi tutto ciò che facciamo è cercare di condividere qualcosa (di materiale o di immateriale) con altri.
 
Le preferenze non condivise dividono.
 
Condividere, in amore, non significa tenere il bilancio di chi fa questo o quello, di chi fa più di un altro. Vi sono momenti in cui dobbiamo dare di più di quanto riceviamo, ma ve ne saranno altri in cui avremo bisogno di ricevere più di quanto saremo in condizione di donare.
 
L'arte è un oggetto di condivisione.
 
L'uomo ha un bisogno genetico di condividere con gli altri quante più cose possibile, ed è tanto più felice quante più cose riesce a condividere (o quanto più si illude di condividerle).
 
Forse ciò che più mi distingue dalla maggioranza degli altri è che io cerco un significato e un valore intrinseco nelle cose (materiali e simboliche) cha la gente condivide, mentre per gli altri ciò che conta non è ciò che si condivide, ma la condivisione stessa, cioè il fatto che si condivida qualcosa, non importa cosa, anche le cose più insensate.
 
Un rapporto sessuale consiste nella reciproca condivisione di due corpi: ogni corpo condivide se stesso con l'altro, e usa l'altro come se gli appartenesse. In tal modo ogni corpo soddisfa i propri bisogni sessuali.
 
La condivisione è una cosa fondamentale. Se non condividi una cosa con qualcuno è come se non l'hai vissuta. Un piacere, una cosa bellissima, se la vivo da solo per me non è abbastanza, anzi, quasi non è. La devo condividere subito con qualcuno.
 
Ciò che non si può condividere divide.
 
L'azione del condividere ha più valore della cosa condivisa, che può essere anche del tutto inutile o perfino dannosa.
 
Affinché due persone possano cooperare devono essere soddisfatte almeno le seguenti condizioni: (1) condivisione di valori, (2) condivisione di linguaggio, (3) condivisione di gerarchia.
 
C'è vera condivisione solo nella povertà. C'è vera ricchezza solo nella condivisione.
 
Affinché tra due persone vi sia utilità reciproca, ovvero cooperazione, è necessario che esse condividano certe cose, ovvero abbiano interessi comuni.
 
Mi fa piacere che qualcuno usi qualcosa che io ho prodotto, protetto o riprodotto. Mi fa sentire degno di appartenere alla società umana.
 
Una menzogna condivisa e protetta dagli assalti della verità è un potente fattore di coesione sociale.
 
Ogni espressione umana, compreso tutto ciò che leggo e ciò che scrivo, costituisce una proposta o una testimonianza di condivisione di qualcosa.
 
Non c'è cooperazione senza condivisione.
 
Per fare parte di un sistema sociale, cioè di un gruppo di umani cooperanti, occorre condividerne in misura sufficiente il linguaggio, le forme, le norme e i valori (in senso cognitivo, etico ed estetico).
 
La condivisione è un processo dinamico. Se non viene rinnovata periodicamente, si esaurisce.
 
Una cooperazione richiede un coordinamento, e un coordinamento richiede una condivisione di saperi, valori, regole, idee, linguaggi, consuetudini, gusti, autorità, gerarchie, proprietà, credenze, miti, religioni, metodi, tecniche, automatismi, ecc.
 
Ciò che non riusciamo a condividere ci divide.
 
Affinché due persone possano cooperare, esse devono condividere, almeno in parte, una certa visione del mondo.
 
Le cose più facili da condividere sono la stupidità, l'ignoranza e il cattivo gusto.
 
Affinché una comunità si mantenga integra, è necessario che i suoi membri condividano le stesse regole morali.
 
La maggior parte delle attività umane consiste in rituali di condivisione.
 
Una condivisione consiste in una comune appartenenza o in un comune possesso.
 
Noi umani abbiamo bisogno di cooperare, e per poter cooperare è necessario che condividiamo certe cose. Perciò abbiamo bisogno, periodicamente, di riunirci per praticare condivisioni utili alla nostra cooperazione.
 
Condividere, che implica copiare, imitare, conformarsi, costituisce un bisogno umano di origine genetica, e un piacere quando tale bisogno è soddisfatto. Qualsiasi cosa può essere oggetto di condivisione, e quindi causa di piacere, anche le cose più stupide e insensate. anche i comportamenti più assurdi.
 
La condivisione di beni, idee, opinioni, memorie, conoscenze, gusti, preferenze, obiettivi, interessi, poteri, valori, morale, lingua, religione è indispensabile per evitare l'isolamento sociale.
 
Una delle cause di sofferenza più comuni è il rifiuto da parte degli altri delle nostre proposte di condivisione (materiale o simbolica). Analogamente, una delle cause di piacere più comuni è l'accettazione da parte degli altri delle nostre proposte di condivisione.
 
La condivisione di sentimenti e valutazioni nei confronti di terzi è un importante fattore di coesione sociale.
 
Ogni condivisione materiale comporta una o più condivisioni simboliche. Vale a dire che il fatto di condividere qualcosa di materiale implica certe relazioni sociali tra gli attori della condivisione stessa.
 
L'uomo tende a combattere, a disprezzare, o a ignorare tutto ciò che non può condividere.
 
Si possono condividere anche delle non condivisioni.
 
Ogni comportamento socialmente rilevante si può spiegare in termini di bisogno di condivisione e di gestione delle condivisioni e delle non condivisioni, materiali e simboliche con altre persone.
 
Cosa condividere? Con chi? Come? Quando? Quanto? Cosa non condividere? Perché condividere? Perché non condividere? Condividere o non condividere, questo è il dilemma.
 
Qualunque attività umana, se condivisa, costituisce un rituale sociale.
 
Chi rende pubbliche le proprie idee deve aspettarsi l'ostilità di chi non le condivide.
 
Ci sono cose (idee, interessi, gusti, ecc.) che condividiamo, e cose che non condividiamo. Ciò che condividiamo ci unisce, ciò che non condividiamo ci divide. Continueremo a frequentarci finché le condivisioni prevarranno sulle non condivisioni.
 
Non c'è cooperazione, né amicizia, né amore, senza condivisione.
 
Chiese, stadi, musei, sono luoghi di condivisione.
 
Quando due persone s'incontrano, i loro inconsci calcolano ciò che esse condividono e ciò che esse non condividono, cosa possono condividere e cosa non posono condividere. I risultati di questo calcolo determinano le possibiltà di cooperazione tra le due persone.
 
Una festa è un rituale di condivisione di simboli.
 
Internet è un immenso mezzo di condivisione.
 
Anche una cosa senza senso, se viene condivisa, acquista un senso in quanto fattore di coesione sociale.
 
L’imitazione è una forma di condivisione, ovvero la condivisione di una forma.
 
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